Fela, il mio dio vivente
Daniele Vicari Italia 2023 91 min
Festa del cinema
Sinossi
Il 12 agosto 1997 a Lagos, in Nigeria, una folla immensa riempie ogni spazio di una grande piazza. Dieci giorni prima è morto il cantante Fela Kuti, re dell’afrobeat e guida spirituale per milioni di persone. Ora il suo popolo vuole salutarlo. A riprendere l’evento, con la sua videocamera, c'è un regista italiano, Michele Avantario, che in quel musicista unico ha trovato un dio vivente, un punto di riferimento umano, intellettuale e religioso.
NOTA SUL FILM
Daniele Vicari elabora i materiali sul musicista nigeriano Fela Kuti (1938-1997) girati da Michele Avantario, il pionieristico videomaker morto nel 2003, che avrebbe voluto girare un film su di lui. E usa la voce di Claudio Santamaria per ricostruire due universi: da una parte la travolgente Roma fine anni ’70 di Renato Nicolini, dall’altra la vita di un genio della musica a cavallo tra Africa, funk e jazz. Un genio, Fela Kuti, che attrae un bianco nel suo mondo magico e animista, e che al tempo stesso si fida ciecamente di lui. Il risultato è un racconto a più strati, picaresco quando descrive il tour italiano di Fela, toccante quando ne racconta la morte.
NOTE DI REGIA
Nei suoi appunti Michele Avantario descriveva Fela Kuti come una persona controversa, di enorme carisma e talento, e arriva a definirlo pubblicamente “il mio dio vivente”. Il film ha la struttura di un racconto lineare, leggibile per tutti, ma non è un documentario classico, cioè un film che racconta la vita di un grande personaggio del ʾ900, bensì la storia di un uomo in fondo semplice che si perde in un mondo più grande di lui.
Questa, dunque, è la storia di Michele che incontra l’altro da sé sotto forma di immenso musicista e uomo dalle mille contraddizioni, in un’Africa conquistata sì dagli eserciti occidentali, ma ancora fondamentalmente sconosciuta, inesplorata, indomabile.
Regia
Daniele Vicari
Regista, sceneggiatore e scrittore italiano, nel 2002 con Velocità massima vince il David di Donatello per la migliore opera prima e nel 2006, con Il mio paese, quello per il miglior documentario. Nel 2012 presenta al Festival di Berlino Diaz – Non pulire questo sangue, sui fatti del G8 di Genova del 2001, vincendo il premio del pubblico, quattro David di Donatello e tre Nastri d’argento. È tra i fondatori della Scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volonté, di cui è direttore artistico.