Il principe di Roma

Roma, 1829. Bartolomeo è un uomo ricco e avido che brama il titolo nobiliare più di ogni cosa. Nel tentativo di recuperare il denaro necessario a stringere un accordo segreto con il principe Accoramboni per ottenere in moglie sua figlia, si troverà nel bel mezzo di un sorprendente viaggio a cavallo tra passato, presente e futuro. Accompagnato da compagni d’eccezione dovrà fare i conti con se stesso e conquistare nuove consapevolezze.

Non facciamo paragoni con Il marchese del Grillo. E neanche con Il conte Tacchia. Anche se siamo nella Roma papalina del 1829 e il protagonista è uno dei più grandi mattatori del cinema contemporaneo: Marco Giallini. Edoardo Falcone ha dichiarato di amare molto il cinema di Luigi Magni, ma il vero, impensabile punto di partenza il film che ha scritto con Mario Martani e Paolo Costella, è il Canto di Natale di Charles Dickens. E a far cambiare le idee a questo Scrooge trasteverino sono niente meno che le ombre di Giordano Bruno (Filippo Timi), di papa Borgia (Giuseppe Battiston) e di Beatrice Cenci (Denise Tantucci). Riviste da un occhio che tiene conto dei sonetti del Belli e delle stampe di Bartolomeo Pinelli.

NOTE DI REGIA Ho sempre voluto fare un film ambientato nella Roma del Papa Re. Un desiderio nato quando, da bambino, mia madre mi portò a vedere Nell’anno del Signore di Luigi Magni.
Per far rivivere quel mondo ho tratto ispirazione da un grande classico della letteratura: Il canto di Natale di Dickens. Tutto parte da una domanda: e se l’odioso Scrooge invece di vivere a Londra nell’Ottocento, fosse vissuto a Roma?
Da questo spunto sono nati situazioni, personaggi e sviluppi assolutamente originali rispetto all’universo dickensiano.
In compenso sono rimasti i fantasmi, che continuano a vagare da secoli lungo le strade della città eterna e che guideranno il nostro protagonista in un percorso straordinario attraverso la sua vita.